Questo articolo fa parte della rubrica: Corso di Fotografia di Microstock, come vendere foto online
Sull’ormai chiuso forum di fotografare.com mi sono imbattuto in una discussione interessante, il tema era il Microstock, riporto qui in forma di articolo le riflessioni più interessanti.
Per guadagnare qualche spicciolo il Microstock funziona, per viverci malino devi avere migliaia di scatti di buona qualità, per guadagnare accettabilmente servono migliaia di scatti molto molto vendibili, credo siano davvero pochi i fotografi in grado di viverci.
Da un punto di vista “etico” il danno per la categoria “fotografi” è enorme e va a vantaggio di decine di migliaia di amatori che guadagnano appunto pochi spiccioli, non è un caso se le agenzie vere chiudono e crescono i giganti del microstock che di fatto controllano il mercato (Getty, Microsoft) segando via chi produce qualità a prezzi più elevati.
Così tristemente va il mondo: un reportage dallo Zimbabwe da Grazia Neri avrebbe detto qualcosa e sarebbe costato molte migliaia di euro, mettere insieme un servizio sullo Zimbabwe con un giornalista dalla prosa facile (che neppure ci è stato in Zimbabwe) e comprare 20 scatti da Getty Images più o meno ambientati in Zimbabwe costa poche centinaia di euro, certo è fantagiornalismo, nulla di diverso da quello che ti viene proposto tutti i giorni…, Grazia Neri ha chiuso, Getty vende 20 scatti a 150 euro e ne passa 80 al turista di passaggio alle cascate Vittoria che ci si è pagato la serata al casinò dell’albergo.
Con il microstock ci guadagnano editori, giornalisti, forse qualche fotografo, ci perde la cultura dell’immagine, la cultura del fare bene piuttosto che a poco, il prossimo passo saranno le foto microstock cinesi non a 5 euro ma a 5 centesimi.
Del resto Grazia Neri ha chiuso sul serio e con lei diversi altri. Del resto Life ha chiuso!
Barattiamo cultura per denaro, qualità per denaro, coscienza per denaro, poi con più denaro compriamo più cose qualitativamente peggiori e magari ce ne lamentiamo anche, da un lato alimentiamo il microstock e dall’altro ci lamentiamo delle maglie cinesi, corriamo a prendere l’offerta speciale della carta igienica al megaipermercato e poi ci dispiace che chiudono le librerie, non capendo che il fenomeno è proprio lo stesso, che ci lamentiamo di qualcosa che alimentiamo quotidianamente con le nostre scelte.
Il problema è che viviamo nell’era del “low cost”.
In tutti i settori dalla fotografia, passando per la grafica, fino ad arrivare al web design, il cliente medio vuol sempre spendere il meno possibile.
Il punto è che manca da parte dei clienti medi una percezione della qualità, vuoi per ignoranza o per superficialità, ma è insindacabile che l’obiettivo sia sempre spendere il meno possibile.
Personalmente ritengo che, in quest’ottica, i microstock per le agenzie pubblicitarie siano un tocca sana, perché, avendo budget veramente limitati sono costrette al loro utilizzo per restare dentro i costi di produzione.
Per tutti quelli che vogliono provare a sondare questo campo segnalo il blog di Yuri Arcus, quello che è uno dei guru dei microstock, in cui puoi trovare degli ottimi spunti: arcurs.com
Se guardate il ragazzo ha una vera e propria industria nella creazione di foto microsotck, con un capannone stile IKEA completamente dedicato all’ambientazione dei suoi scatti.
Credo che sia un pò il punto di riferimento dei “microstocckisti” di tutto il mondo.
Dopo questa lettura mi viene naturale consigliarvi di leggervi questo articolo: Quello che sta accadendo alla fotografia
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