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Il corso di fotografia online è estrapolato dal libro di fotografia intitolato “Manuale di Fotografia – Occhio, Mente e Cuore” in vendita a 3 euro in versione Ebook PDF.
Questo articolo fa parte del Corso di Fotografia Digitale Online.
Con il termine macrofotografia si indica un’immagine il cui soggetto viene catturato sul sensore in scala 1:1 fino a 10 volte le sue dimensioni originali, significa che ad esempio 1cm del soggetto equivale a un 1cm del sensore, la macrofotografia è generalmente legata a fiori e insetti, ma qualsiasi soggetto può rivelarsi interessante e originale se visto da molto vicino, si definisce invece fotografia close-up un’immagine in cui il soggetto viene catturato sul sensore in dimensioni pari a 1/10 fino a 1/2 della grandezza naturale, spingendo invece il fattore di ingrandimento oltre al 10x si entra nel campo della microfotografia.
Simone Tossani fotografo NPS (Nikon Professional Service) ha scritto un bellissimo articolo sulla Macrofotografia Naturalistica. Fotografie e testo qui di seguito sono di esclusivo copyright di Simone Tossani.
Le farfalle, le api, le mantidi sono gli abitanti affascinanti e coloratissimi di un mondo che solo la fotografia può esplorare. Ma qual è l’obiettivo adatto alla macro? È meglio una focale lunga o una focale corta? L’autofocus è davvero necessario? E lo stabilizzatore d’immagine? Meglio il flash o la luce naturale? Ecco alcuni consigli utili per non restare intrappolati nella tela del ragno.
Non ho avuto la fortuna di frequentare scuole di fotografia o corsi specializzati; ho avuto però il privilegio di avere come maestro un grande fotografo che avrebbe dato filo da torcere ai cosiddetti specialisti del settore facendo parlare molto di sé.
Il mio caro maestro, (mio Padre) ancora prima di insegnarmi a tenere una macchina fotografica in mano, mi ha trasmesso il senso di quel grande patrimonio da immortalare che è la Natura, insegnandomi anzitutto a rispettarla in tutte le sue forme, ad osservarla e a classificarla.
È proprio grazie alla formazione ricevuta, che ho deciso d’intraprendere l’avventura della fotografia naturalistica (e della macro in particolare), di cui mi sono letteralmente innamorato.
Purtroppo però una bella immagine non è fatta solo di emozioni e tecnica; Non sono molti gli elementi che concorrono ad ottenere un ottimo risultato. L’inquadratura, la messa a fuoco, l’esposizione, la profondità di campo non devono rimanere solo sterili nozioni ma vanno ricercate e sperimentate sul campo, dove non sempre troviamo le migliori condizioni di ripresa possibili.
Così ho capito che dovevo rinnovare il modo di fotografare, pur rimanendo ferme le istruzioni basilari inizialmente ricevute. La fotografia digitale ha portato delle comodità in più rispetto alla pellicola, che si apprezzano maggiormente in fase di ripresa.
Il solo fatto di poter controllare la messa a fuoco e l’esposizione non è cosa di poco conto, soprattutto nella macro che esige la massima nitidezza e leggibilità dei dettagli. Senza pensare poi al risparmio e al contenimento degli sprechi: non è infrequente dover scartare tutti e trentasei gli scatti di un rullino perché il risultato non era proprio quello che immaginavamo.
QUALE OBIETTIVO?
È la prima domanda che ci poniamo quando decidiamo di scattare una fotografia macro. E la considerazione da fare per la scelta di un obiettivo riguarda le possibilità del nostro portafoglio: i prezzi del mercato italiano oscillano fra i 300 euro e i 1.900 euro circa a seconda della marca e della lunghezza focale. Per iniziare è sufficiente orientarsi su un prodotto di fascia medio-bassa, puntando perché no anche sul mercato dell’usato, che offre occasioni sempre più ghiotte. Del resto, l’indirizzo verso una categoria economica non si rivela sempre la peggior soluzione in considerazione del fatto che per coloro che si avvicinano per la prima volta a questa tecnica è difficile trovare un macro che non sia all’altezza della situazione.
Le ottiche specificamente progettate per lavorare ad elevati rapporti d’ingrandimento non sono mai dei fondi di bottiglia e qualche volta possiamo imbatterci in gradite sorprese. Oltre al fattore costo, un’altra considerazione da fare prima dell’acquisto è il risultato che vogliamo ottenere dai nostri scatti.
Effettuare una ripresa con un obiettivo macro con focale da 60mm, dà come risultato una scena diversa da una ripresa eseguita con un 200mm; nonostante questa differenza è possibile ottenere risultati molto simili con l’impiego di appositi accessori come i tubi di prolunga: più avanti vedremo come ciò sia possibile e a quali difficoltà si andrà incontro.
Nella scelta di un obiettivo macro non conta molto la sua luminosità, ossia la capacità massima di apertura, in quanto difficilmente si espone con il diaframma tutto aperto, se mai avere un’ottica più luminosa facilita l’operazione di messa a fuoco restituendoci un’immagine più chiara nel mirino, anche se a rapporti di riproduzione prossimi ad 1:1 si perderà circa uno stop.
In commercio spesso troviamo obiettivi zoom con la dicitura Macro. Non mettendo in discussione le qualità di questi obiettivi, ci sentiamo di dire: ad ognuno il suo lavoro, questi infatti non sono dei veri e propri macro; permettono di arrivare ad una distanza di lavoro inferiore al loro abituale utilizzo tanto da generare ingrandimenti con rapporti di riproduzione nell’ordine di 1:2, ma non per questo possiamo paragonarli ad un’ottica progettata per tale scopo.
È meglio che tutti i potenziali macrofotografi non prendano in considerazione un’ottica tutto fare, in modo da evitare investimenti che potrebbero rivelarsi non appropriati.
Usiamo il Live View
Quasi tutte le reflex digitali dispongono del cosiddetto LiveView, che offre la possibilità di effettuare l’inquadratura attraverso il monitor LCD posteriore della macchina. Questa funzione, adottata da sempre nelle compatte, è stata introdotta per la prima volta nelle reflex digitali Olympus ed è diventata uno standard per diversi costruttori. Molti lo credono una trovata commerciale e, nella maggior parte dei casi è proprio così: vi figurate il fotografo sportivo alle prese con la lentezza di messa a fuoco in modalità LiveView? Ma nella macro, dove la rapidità è relativa, il tanto incompreso LiveView ci consente di focheggiare in manuale con un’estrema precisione, impossibile da avere sino ad oggi: la messa a fuoco, infatti, viene effettuata direttamente sul piano del sensore risultando cristallina.
Inoltre, ci mette al riparo da colpi della strega e dolori reumatici facendoci evitare di assumere scomode posizioni in fase di ripresa e facendoci risparmiare preziosi euro nell’acquisto di specifici accessori per l’accomodamento dell’occhio come i mirini angolari o simili.
C’è da dire che non esistono reflex digitali con il pentaprisma intercambiabile come le gloriose Canon F1, Pentax LX o Nikon F3 che avevano a disposizione una serie di mirini intercambiabili a seconda del tipo di ripresa. Il LiveView li sostituisce diventando una specie di vetro smerigliato digitale senza gli svantaggi dell’inquadratura dritta con i lati invertiti come avviene in quelli a pozzetto. Inoltre possiamo ingrandire il soggetto inquadrato con fattori fino a 40x, scegliendo un punto ben preciso della nostra scena ed osservando così con estrema precisione la messa a fuoco e la profondità di campo a seconda del diaframma impostato.
AUTOFOCUS? NO GRAZIE!
Scordiamoci tutti i moduli autofocus sofisticati e multipoint coadiuvati da motori ultrasonici incorporati negli obiettivi perché non si prestano alla precisione richiesta dalla macrofotografia. La messa a fuoco manuale è la scelta migliore quando ci troviamo in presenza di un soggetto statico; diversamente per soggetti in continuo movimento sarà necessario essere equipaggiati con un buon autofocus, senza la pretesa però della stessa accuratezza assicurata solo dalla messa a fuoco manuale. Stessa cosa vale per gli obiettivi stabilizzati: la loro utilità darà maggiori soddisfazioni in altre applicazioni.
Attenzione invece alla minima distanza di messa a fuoco di cui è capace l’obiettivo, laddove per distanza si intende quella intercorsa tra soggetto e piano pellicola o sensore. Consideriamo che a parità di rapporto di riproduzione, più la focale è corta minore sarà questa distanza, viceversa la stessa aumenterà con una focale più lunga, aumentando di conseguenza la probabilità di catturare il momento decisivo. Una maggiore distanza di lavoro consente di non avere il soggetto incollato alla lente frontale dell’obiettivo facendolo spaventare, evitando il rischio di rimanere con un posatoio vuoto!
Il mio corredo macro utilizzato per tutti gli scatti che vedete in queste pagine è composto da quattro diverse focali: il Micro Nikkor AF-D 60mm f/2,8, il Micro Nikkor AFS 105mm f/2,8 VR, il Sigma 150mm f/2,8 EX DG HSM Macro e il Micro Nikkor AFD 200mm f/4. Benché siano tutte ottiche autofocus per sfruttare al massimo la compatibilità con le digireflex di ultima generazione, eseguo la messa a fuoco sempre in manuale. Tra queste focali le mie preferite sono il 60mm e il 200mm che reputo personalmente le fuoriclasse nel campo delle ottiche macro per la loro eccellente nitidezza e per l’ottimo micro contrasto che aiuta a restituire i particolari minuti degli insetti.
Considerato il costo di circa tre volte inferiore rispetto al Micro Nikkor 200mm f/4, il 150mm f/3,5 Sigma è un’ottica eccellente in termini di nitidezza, che non ha nulla da invidiare agli originali ma restituisce immagini con una gradazione nettamente più fredda, obbligando una post produzione più accurata per ritrovare una resa cromatica fedele e brillante.
TUBI DI PROLUNGA
L’utilizzo di una focale tele ha i suoi indubbi vantaggi ma ci costringe a dar fondo al nostro portafoglio: consideriamo che un Micro Nikkor 200mm f/4 costa nuovo intorno ai 1.800 – 1.900 euro, cifre ben lontane dalle nostre possibilità. Ma non disperiamo: possiamo ottenere risultati molto soddisfacenti abbinando ad un 50mm – 60mm appositi tubi di prolunga anteponendoli tra la reflex e l’obiettivo in modo da aumentare il tiraggio. Il che significa allontanare la lente posteriore dal piano pellicola/sensore aumentando il rapporto di riproduzione e ottenendo lo sfocato nei secondi piani come se utilizzassimo una focale lunga.
Per capire meglio l’effetto dell’aumento del tiraggio di un obiettivo è sufficiente eseguire una prova pratica. Prendiamo un foglio di carta formato A4 (circa 20x30cm) e una torcia per illuminazione.
Il foglio sarà il nostro sensore, la torcia il nostro obiettivo e il fascio di luce la proiezione dell’immagine catturata. Accendiamo la torcia e posizioniamola con la luce rivolta verso il foglio a circa 10cm, noterete che la proiezione della luce forma un cerchio di X diametro, adesso allontaniamo gradualmente la torcia di altri 5cm circa dal foglio. Osserviamo che, aumentando la distanza tra la torcia e il foglio di carta, le dimensioni del cerchio formato dalla luce proiettata aumentano al variare della distanza. Quindi potremmo constatare che, aumentando la distanza tra ottica e sensore, aumenta di conseguenza il rapporto di riproduzione.
I tubi di prolunga sono reperibili in commercio dagli originali di alcuni tra i più noti costruttori di reflex ai vari costruttori di accessori fotografici universali. Tra questi la scelta è caduta sui Kenko per la possibilità di mantenere tutti gli automatismi della macchina. I tubi non sono la panacea di tutti i mali, ma hanno i loro pro e i loro contro.
A favore dei tubi va detto che riducono la minima distanza di messa a fuoco dell’obiettivo in relazione al tiraggio, non degradano la qualità dell’immagine e mantengono tutti gli automatismi di esposizione e messa a fuoco. Di contro si perde la messa a fuoco all’infinito, la luminosità nel mirino diminuisce e la profondità di campo si riduce in maniera drastica.
LA PROFONDITÀ DI CAMPO
La minore profondità di campo in seguito all’adozione dei tubi di prolunga si rivela un’arma a doppio taglio: se da una parte aumenta lo sfocato, eliminando elementi di disturbo nei secondi piani e conferendo allo sfondo un aspetto indistinto in modo da far risaltare il soggetto, dall’altra ci obbliga ad una precisione millimetrica nella messa a fuoco per valorizzarne tutti i dettagli.
Ecco perché la messa a fuoco manuale è così importante.
Inoltre ci obbligherà ad utilizzare diaframmi chiusi. Ma attenzione, non esageriamo! C’è un limite oltre il quale ogni obiettivo è soggetto al fenomeno della diffrazione, che si manifesta in una perdita di nitidezza e in un ammorbidimento generale dell’immagine, nemici giurati della macrofotografia.
È bene precisare che la profondità di campo aumenta ai valori f/ stop grandi (ad esempio f/11-16, ecc.) e diminuisce impostando valori f/ stop piccoli (ad esempio f/2,8-4 ecc.). Se provassimo ad eseguire una ripresa con un diaframma molto chiuso (f/22), avremo una profondità di campo molto estesa che ci farebbe supporre una maggiore nitidezza di tutti gli elementi che compongono il soggetto. In realtà non è proprio così, in quanto si verifica il fenomeno della diffrazione. Purtroppo quando chiudiamo il diaframma a valori compresi tra f/16 e f/32 il potere risolvente dell’obiettivo diminuisce.
Questo fenomeno sarà visibile solo riguardando le fotografie al computer o tramite il monitor della nostra reflex, quindi attenzione perché nel mirino reflex non si percepisce nessun decadimento di qualità.
Non allarmatevi però. Se è vero che la diffrazione è un fenomeno ottico inevitabile è anche vero che un obiettivo macro degno di questo nome nasce progettato per dare il massimo a diaframmi chiusi, al contrario degli obiettivi tuttofare che registrano un vistoso calo di qualità ai diaframmi più chiusi. La luce giusta Per quanto sembri banale, la luce è l’elemento essenziale di ogni fotografia qualunque sia il genere di ripresa nel quale ci stiamo cimentando.
Non esiste obiettivo blasonato o super stratosferica reflex ammiraglia al mondo che possa salvare uno scatto catturato con la luce sbagliata. La mia esperienza mi ha portato nel corso degli anni a sperimentare tecniche d’illuminazione basate sull’utilizzo di più flash. Ma le soddisfazioni più grandi le ho sempre ottenute con la luce naturale, per lo più radente, la migliore per esaltare le forme e i colori meravigliosi dei minuscoli abitanti dei boschi e dei prati.
Non usare il flash però significa alzare la sensibilità Iso. Se con la pellicola è impensabile scattare una fotografia macro a 800-1600 Iso perché i risultati sono scadenti, con le reflex digitali di ultima generazione possiamo prenderci la rivincita sulla grana a pallettoni e sui dettagli spappolati. Ho la fortuna di utilizzare una Nikon D3 ma esistono in commercio digireflex di fascia media che possono vantare un contenimento del disturbo tale da rivaleggiare con questa super ammiraglia. Teniamo conto inoltre che la stampa delle fotografie perdona molti dei difetti che vediamo sul monitor del PC, cosicché possiamo dormire sonni tranquilli.
Anche se reputo soggettiva la scelta della modalità di scatto opero costantemente in priorità di diaframmi, ma nei casi più difficili o quando desidero ottenere particolari effetti passo a quella completamente manuale. L’automatismo a priorità di diaframmi consente d’impostare l’apertura desiderata lasciando che la macchina calcoli automaticamente il tempo migliore in base alla luce a disposizione. Non esiste un diaframma particolare che può diventare lo standard da utilizzare costantemente, esiste però un valore di diaframma in cui l’obiettivo solitamente dà il meglio di sé indipendentemente dalla situazione in cui ci troviamo.
Questo valore oscilla tra un diaframma pari a f/8 e uno pari a f/16. A diaframmi più chiusi andremo incontro a problemi legati alla diffrazione, anche se aumenteremo la profondità di campo. La scelta di lavorare in luce ambiente impone una regola: sveglia la mattina presto in modo da essere sul posto a fotografare prima del sorgere del sole. Un consiglio: portiamo sempre con noi una piccola torcia che durante l’attesa del sorgere del sole tornerà utile per scovare soggetti tra la vegetazione. Teniamo presente che la mattina presto, in seguito all’abbassamento della temperatura avvenuto durante la notte, potremmo approfittare della completa immobilità degli insetti dovuta al rallentamento del loro metabolismo. Man mano che l’aria si scalda avremo sempre più difficoltà ad avvicinarli.
IL TREPPIEDI
Il mosso e il micro mosso sono i nemici numero uno della nitidezza e in macro la nitidezza è tutto. Quindi rassegniamoci: dobbiamo acquistare un treppiedi. Portarsi dietro costantemente un peso, doverlo posizionare ogni qual volta si dovrà scattare una fotografia non è cosa facile da tollerare ma l’esperienza ci insegnerà che il treppiedi è l’unico amico che ci permette di eseguire quelle riprese che a mano libera sarebbe impossibile effettuare.
Se state pensando a qualcosa di leggero come i treppiedi in carbonio state sbagliando.
A parte il costo molto elevato, in macrofotografia non si rivelano utili perché poco stabili e soggetti a vibrazioni. La funzione del treppiedi è quella di costituire un supporto solido per evitare che si verifichino fenomeni di micro mosso e solo il suo peso può ovviare a questo inconveniente.
Insomma, più il treppiedi è pesante, meglio assolve alla sua funzione. Con una compatta digitale basta un treppiedi leggero e versatile come il Manfrotto 055 Pro. Ma con la reflex è meglio non scendere a compromessi. Tutto dipende dal peso dell’attrezzatura ma se vogliamo fare un buon investimento scegliamone uno che pesi intorno ai 4-5 chilogrammi: il treppiedi non è soggetto alle mode e ci farà compagnia per molti anni a venire.
Oltre ad un buon treppiedi è necessario disporre di una testa che garantisca la necessaria stabilità del sistema fotocamera / obiettivo.
Meglio evitare le teste sfera perché se è vero che sono rapide nell’eseguire una ripresa, non facilitano il controllo accurato dell’inquadratura essendo libere nel movimento in ogni direzione. Una tra le tante soluzioni, anche se non la più efficace, è costituita dalle teste a 3 movimenti, anche se hanno il difetto di spostare l’inquadratura nel senso di rotazione della manopola mentre effettuiamo il serraggio dell’asse di movimento. Certo, si può sempre ritagliare la fotografia con Photoshop, ma se vogliamo avere il controllo assoluto dell’inquadratura l’alternativa più valida è rappresentata dalle costose teste a cremagliera tipo la Manfrotto 410. Quest’ultima consente tramite rotazione di appositi pomelli di eseguire riprese accurate senza dover intervenire nel serraggio dell’asse di movimento. Inoltre consente il movimento in 3 direzioni con spostamenti micrometrici tanto da rendere più facile la ricerca di un efficacie parallelismo con il soggetto.
Se vi piace esagerare come me, possiamo aggiungere una slitta micrometrica tipo la Manfrotto 454, che assicura il movimento micrometrico trasversale al campo visivo consentendoci di effettuare la messa a fuoco tramite lo spostamento di tutto il gruppo ottico. Peso, ingombro e costo sono elevati ma proporzionati ai livelli di nitidezza ottenuti.
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