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Questo articolo fa parte del Corso di Fotografia Digitale Online.

Foto di Ansel Adams

Una delle più grandi teorie e tecniche fotografiche del ‘900 riguardava il sistema zonale ideato dal grandissimo fotografo Ansel Adams. Cosa diceva? In poche parole Adams aveva creato una tecnica che permette ai fotografi di trasporre la luce che essi vedono in specifiche densità sul negativo e sulla carta ottenendo così un controllo migliore sulle fotografie finite, in pratica permette di determinare il tempo di posa e di sviluppo consentendo una migliore gradazione delle componenti del grigio.

Senza entrare nel dettaglio Adams sosteneva che per avere uno scatto ben fatto bisognava:

  1. Previsualizzare la foto: Adams stesso lo spiega così: “…visualizzare un’immagine consiste nell’immaginarla, ancor prima dell’esposizione, come una proiezione continua, dalla composizione dell’immagine fino alla stampa finale. La visualizzazione deve essere considerata più esattamente come un atteggiamento verso la fotografia piuttosto che un dogma. Ciò significa che il fotografo ha la totale libertà di espressione e non è in nessun modo limitato… Non si tratta solo di mettersi in relazione con il soggetto, ma anche di prendere coscienza delle potenzialità espressive della sua immagine…” Vedere in anticipo le soluzioni alternative con cui si può restituire un soggetto lascia ampio spazio all’interpretazione soggettiva, permettendo di utilizzare in ogni fase i mezzi più adeguati (in termini di esposizione e trattamento) necessari alla realizzazione dell’immagine che abbiamo visualizzato.
  2. Scattare in modo che il negativo sia perfetto per lo sviluppo in camera oscura, ovvero scattare per la camera oscura: il fotografo, dopo aver eseguito il calcolo dell’esposizione, deve sviluppare il negativo in base all’esposizione. Ovviamente deve conoscere le caratteristiche tecniche della pellicola in relazione ai vari bagni di sviluppo e deve tener conto delle possibili variabili dello sviluppo (tempo, temperatura ed agitazione).

E nel digitale?

Le cose non sono cambiate molto. Il punto uno, la previsualizzazione, rimane ancora un punto fermo della fotografia. È vero che ora la nostra mente è allettata dal tasto view ed eventualmente dal tasto erase, ma ora non stiamo parlando della fotografia della domenica ma di riuscire a fare una bella foto. Quindi, cancelliamo dalla nostra mente la possibilità di vedere e cancellare i nostri scatti. Gli scatti devono essere giusti, pensati, previsualizzati.

In base a ciò che previsualizziamo, decideremo come impostare la fotocamera: sceglieremo la lente giusta, useremo una coppia tempi – diaframmi che ci darà il risultato auspicato, regoleremo anche la nuova variabile del digitale, gli ISO (non che non ci fosse nell’analogico ma una volta montato un rullo con quello si scattava, al massimo si cambiava magazzino ma non era così immediato e versatile come ora), scatteremo non più per la camera oscura ma per Photoshop.

Photoshop

Spesso quando si parla di Photoshop si pensa ad infinite possibilità per stravolgere un’immagine. Magari vi verranno a mente i numerosi strafalcioni presenti sulla rete e sulla carta stampata. Spesso si crede che con Photoshop si possano correggere gli errori in fase di scatto. Qualche volta, forse. Ma qui, di nuovo, non stiamo parlando della fotografia della domenica, ma del voler fare una bella foto. Dunque Photoshop non dovrà stravolgere la vostra fotografia. La vostra fotografia dovrà essere valorizzata dalla post produzione. Per far questo bisogna sapere come lavora Photoshop, dove e come va a toccare l’immagine. Bisogna conoscerne gli strumenti, sapere quali pixel va a toccare; è necessario conoscere tutte le possibili varianti dei singoli strumenti. Non useremo tutti gli strumenti ma quelli che useremo dovremo conoscerli.

In sostanza?

Vorrei sintetizzare in uno schema i passaggi obbligati per scattare una fotografia corretta:

Previsualizzo, decido come sarà la mia foto dopo la post produzione (sì, non decido solo tempi e diaframmi ma decido anche come sarà il risultato finale dopo Photoshop).
In base a quanto sopra scelgo la lente e decido tempi diaframmi e ISO tenendo conto delle caratteristiche tecniche del mio sensore (come Adams avrebbe tenuto conto della pellicola), CCD, CMOS… tenuta delle alte luci… 12 o 14 bit… esposizione a destra… devo conoscere i miei strumenti in poche parole.

Sviluppo il RAW per photoshop, ovvero nel modo più “piatto” possibile, tirerò fuori una foto neutra, apparentemente brutta, ma che in realtà altro non è che una foto con un’ampia gamma dinamica con cui giocare).

Applico il corretto workflow in Photoshop, non vado a caso, seguo un iter corretto che va dalla luminosità al colore agli aspetti più creativi poi.

Un’ultima cosa, da una foto corretta Photoshop può tirar fuori una bellissima foto. Da una foto sbagliata Photoshop tira fuori solo i difetti.

Articolo scritto da Diagaz

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