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Il corso di fotografia online è estrapolato dal libro di fotografia intitolato “Manuale di Fotografia – Occhio, Mente e Cuore” in vendita a 3 euro in versione Ebook PDF su lulu.

Questo articolo fa parte del Corso di Fotografia Digitale Online.

Questo articolo e le foto in esso contenute sono stati realizzati da Massimo Allegritti, ed è protetto da Copyright.

1 – Premessa

Nel precedente tutorial “Come fotografare le gocce” ho illustrato la tecnica per fotografare le gocce d’acqua, ma ora che il mio equipaggiamento e la mia esperienza sono cresciuti, ritengo doveroso riscrivere tutto aggiungendo parti che prima avevo volutamente omesso.

Questo testo non vuole essere un “Come fare per” (o meglio un “How to”), ma la spiegazione tecnico-poetica di ciò che c’è dietro i miei scatti.

Green #1 – Nikon D80, AF-S 18-135, 1/200sec a f7.1, ISO250, SB-600.

Scatto completamente manuale, con un biberon come erogatore di gocce, e un 18-135 come ottica. Ma è l’inizio di un cammino.

2 – La preparazione

Fotografare gocce è un’arte. E’ come dipingere. Per me è lo stesso. E posso dirlo perchè, in passato, ho dipinto sia con acquerello che con olio. Le sensazioni, le emozioni che si provano durante una sessione di scatto sono le medesime:

  • Attesa, mentre si prepara il set.
  • Tensione e nervosismo, mentre si cerca lo scatto desiderato.
  • Euforia, quando raggiungiamo finalmente l’obiettivo.
  • Delusione, rabbia, quando, dopo due ore, il risultato non ci soddisfa appieno.

È come nella pittura, o nella scultura, bisogna iniziare una sessione ben sapendo cosa si vuole ottenere. Nessun pittore o scultore si metterebbe davanti a un foglio bianco, o davanti a un blocco di marmo, senza aver bene in mente cosa vuol ottenere, sperando che venga fuori qualcosa di buono. Il risultato sarebbe soltanto un insieme di macchie di colore o un pezzo di roccia preso a martellate.

Quindi, definito l’obiettivo, facciamo di tutto per ottenerlo, tenendo bene in mente una cosa fondamentale: mai cambiarlo. Se vediamo che luce, colori, effetti, non ci piacciono, non tentiamo di cambiare e stravolgere il tutto, solo perché abbiamo messo in piedi il set e quindi dobbiamo tirar fuori uno scatto per forza. In quei momenti ci affanniamo nel tentativo, quasi disperato, di tirar fuori qualcosa di buono, ma il risultato sarà mediocre. In certe situazioni, invece, smontiamo tutto e resettiamo il cervello. Ci riproveremo il giorno dopo, a mente lucida.

3 – La materia

Le gocce possono assumere soltanto determinate forme ma a questa particolare caratteristica si aggiunge, per fortuna, una buona dose di casualità che rende ogni scatto diverso dal successivo.

Sempre. Non mi è mai successo, in svariate decine di migliaia di scatti, di avere due immagini perfettamente identiche.

Mi spiego meglio.

Le forme che si possono presentare sono principalmente quattro:

  • Singola goccia, o sequenze di gocce: catturate in fase di caduta.
  • Corona: ottenuta facendo cadere una goccia su un piano sul quale è posto del liquido.
  • Stelo: ottenuta facendo cadere una goccia in un recipiente colmo di liquido. Lo stelo è ottenuto dal “rimbalzo” della goccia che, a sua volta, genera una goccia che staccandosi dallo stelo risale verso l’alto fino a un punto morto, per poi ricadere.
  • Collisione: ottenuta facendo cadere due o più gocce. La prima genera lo stelo sul quale va a collidere la seconda, generando la classica forma a fungo (o a ombrello o a cappello). Se la 2° goccia va a scontrarsi con la goccia generata dallo stelo, la collisione può anche avvenire in posizione elevata rispetto a quest’ultimo, con effetti davvero interessanti. E’ possibile anche ottenere collisioni multiple facendo cadere più gocce.

Orange #1 – Nikon D200, 50/1.8, 1/125 a f18, ISO200, SB-600.

Se ne deduce che, avendo a disposizione solo quattro, massimo 5 soggetti, fotografare gocce porta in sé il grosso rischio della banalità e della noia. È qui che il nostro occhio e la nostra voglia di sperimentare faranno la differenza. A meno di accontentarsi di aver catturato uno stelo da mostrare orgogliosi a parenti e amici, che non sanno che di queste immagini è piena la rete.

In questo scatto, realizzato manualmente, si vede molto bene lo stelo e la goccia creatasi dal rimbalzo.

L’acqua è materia e come tale ha un comportamento dettato dalle leggi fisiche. Proprietà come densità, tensione superficiale e densità possono impattare in maniera significativa sul risultato finale.

A – Dimensione della goccia

La dimensione della goccia influisce pesantemente sulla dimensione della corona o dello stelo.

Più è grande, più la corona sarà ampia e alta, o lo stelo sarà alto.

B – Tensione superficiale

La tensione superficiale è quella forza che tiene insieme le molecole di liquido. Pensiamo quiandi allo stelo che si genera a seguito della caduta della nostra goccia: esso è formato da acqua che “torna su”, ossia da molecole d’acqua che si attraggono tra loro. Se abbassiamo questa forza, ossia riduciamo la tensione superficiale, otterremo steli più alti e più sottili, perchè l’acqua, risalendo, sarà meno “legata”. Per ridurre la tensione superficiale è sufficiente utilizzare del brillantante per lavastoviglie (ne bastano poche gocce) o dell’imbibente, di quelli usati per evitare le macchie di calcare sui negativi.

C – Densità

La densità del liquido impatta sulla forma di corone e cappelli, non impatta invece su steli e gocce singole. Densità maggiori permettono forme più “controllabili”, in quanto il liquido, essendo più “colloso”, tenderà a formare forme più compatte e omogenee. Il latte è più denso dell’acqua e per questo permette di ottenere corone e cappelli più uniformi. Bisogna fare molta attenzione a non aumentare troppo la densità in quanto, a un certo punto, questa impedisce la creazione di corone. Come addensante io utilizzo della Gomma di Xanthan o della gomma di Guar, sciolta nel liquido che andrò a far cadere (principalmente acqua).

4 – La fisica

Non si può catturare un istante, se non si conosce come si è generato. Perchè solo sapendo come si genera possiamo decidere quando catturarlo.

Procediamo per piccoli passi.

La goccia inizia la sua caduta da una certa altezza H, partendo da ferma. Cadendo con accelerazione G, pari all’accelerazione di gravità, va a toccare il liquido, o il piano, dopo un tempo che si può calcolare invertendo l’equazione del moto uniformemente accelerato: H=1/2GT^2 , ossia T=radicequadrata di 2G diviso h. Se H è 30cm, T è circa 0.250 secondi, precisamente dopo 0.247 secondi. In quel preciso istante la goccia sta cadendo alla velocità V=G*T, ossia 2.42 m/s, ossia a 8.72Km/h. Supponendo che la corona si generi secondo la stessa legge, generalmente una corona non è più più alta di 0,5cm. Se ne deduce, facendo qualche rapido calcolo, che il tempo di creazione di una corona è di circa 30ms. Quindi la nostra corona si sarà formata dopo 280ms dalla caduta della goccia. Attenzione, però, che è un “essere in divenire” che nasce al contatto della goccia col piano, raggiunge la massima fioritura dopo 30ms e muore dopo altri 30ms.

La dimensione della corona varierà molto in base a:

  • Dimensione della goccia
  • Densità della goccia
  • Altezza di caduta della goccia
  • Quantità e qualità del liquido su cui è stata fatta cadere la goccia.

Fate bene attenzione che se fate cadere la goccia su un piano asciutto non otterrete nulla: il liquido si infrange sul piano senza creare alcun effetto. La corona è infatti generata dal liquido posto sul piano, e non da quello in caduta.

Il Re e i suoi cavalieri – Nikon D300, Nikon AF 60mm f/2.8 D Micro, 1sec a f22, ISO200, SB-800, trigger autocostruito.

Se invece facciamo cadere la goccia in un recipiente con del liquido, abbiamo detto che si formerà uno stelo.

Anche in questo caso le dimensioni varieranno in base a quanto valido per le corone, con l’aggiunta di un parametro importante che è la tensione superficiale. I tempi saranno un po’ più lunghi, ma le tolleranze non cambiano: se vogliamo catturare un determinato istante dovremo essere precisi al millesimo di secondo.

Per ottenere collisioni, la seconda goccia dovrà essere fatta cadere dopo un tempo T necessario affinché la prima goccia generi lo stelo. Per una goccia in caduta da circa 35cm di altezza, questo tempo è di circa 60ms. Variando questo tempo la collisione può avvenire sulla testa dello stelo o in corrispondenza della goccia ottenuta dal rimbalzo della prima. In questo caso si ottengono cappelli staccati dallo stelo, estremamente affascinanti e d’effetto.

In questo scatto, realizzato con un trigger, la seconda goccia si scontra con quella staccatasi dallo stelo. Ho fatto partire il lampo del flash qualche ms prima del solito, in modo da catturare il momento di impatto delle due gocce, che va a formare una magnifica corona.

5 – L’attrezzatura

Abbiamo quindi capito che per catturare certi istanti bisogna essere precisi e, soprattutto, veloci. Trattandosi di frazioni di millesimi di secondo, è chiaro che non sarà possibile lavorare in luce naturale.

Ecco quindi il primo accessorio: il flash.

Sarà lui a illuminare la scena e a “congelare” la nostra goccia, corona o stelo che sia. Va bene un flash qualsiasi, non necessariamente compatibile con la vostra fotocamera, purchè sia controllabile da remoto via cavo o via wireless e che abbia la possibilità di controllare manualmente la potenza del lampo.

Vi serve poi un’ottica macro, principalmente per due motivi:

  • La distanza di messa a fuoco ridotta vi permette di ottenere il massimo dalla vostra goccia, ossia di ingrandirla il più possibile e ottenere il massimo dei dettagli.
  • La possibilità di utilizzare diaframmi molto chiusi vi permette di avere una elevata profondità di campo senza ledere alla qualità dell’immagine.

Per farvi un esempio, il Nikon AF 60mm f/2.8 D Micro ha una distanza di messa a fuoco di 21 cm, permette un ingrandimento 1:1 e ha una apertura minima del diaframma pari a F45. Ciò vuol dire che fino a f22 – f26 può essere usato senza grossi problemi.

Una valida alternativa è il 50/1.8 con tubi di prolunga. In termini di nitidezza è pari al 60mm micro, ma ha un’apertura minima inferiore, f22, alla quale però soffre di una corposa diffrazione ottica.

Vorrei soffermarmi su quest’ultimo parametro, ossia l’apertura del diaframma.

Il vero, grosso problema da affrontare quando si fotografano le gocce è la profondità di campo. Una
PDC errata porta a non avere a fuoco tutto il soggetto e ciò può essere fastidioso (a meno che non sia voluto).

Faccio un esempio.

Big Colours – Nikon D200, Nikon AF 60mm f/2.8 D Micro, 0.77sec a f20, ISO200, SB-600, Trigger HiViz.

Per avere una buon ingrandimento di una corona si dovrà stare a circa 30cm dal soggetto. A questa distanza, alla focale di 60mm, che su sensori APS-C diventa 90mm per il fattore di moltiplicazione, la profondità di campo è circa 1.28cm a f16 e 1.82cm a f22. Volendoci avvicinare ulteriormente, per ottenere un ingrandimento maggiore, supponiamo a 25cm, la pdc diventa 0.84cm a f16 e 1.19cm a f22.

In questa immagine la corona si è allargata più del previsto, andando oltre la pdc che avevo calcolato. Il risultato è la parte frontale fuori fuoco. L’immagine non è completamente da buttare, ma se fosse stata completamente a fuoco sarebbe stata perfetta. Notare le macchie arancioni sullo sfondo nero, causate da eccessiva luce di fondo (comunque facilmente cancellabili in pp).

Capite quindi che, onde evitare immagini poco nitide, è necessario un cavalletto e far sì che le gocce cadano sempre nello stesso punto. Per questo possiamo costruirci una struttura di legno dal quale far cadere le nostre gocce. Ma cosa usare?

Per corone e steli, un contagocce è perfetto: si ottengono grandi gocce e si può controllare molto bene il momento della caduta. Dobbiamo fissare il contagocce alla struttura, ma in modo che sia possibile ricaricarlo quando il liquido al suo interno è terminato.

L’ultimo accessorio che raccomando è un comando a filo: ci permetterà di scattare senza mettere le mani sulla macchina, col rischio di spostarla e compromettere la MAF.

Per i miei scatti uso la seguente attrezzatura:

  • Nikon D300
  • Nikkor AF 60mm f/2.8 D Micro
  • Scatto remoto a filo nr.
  • 2 Flash: SB-800 + SB-25
  • Cavalletto con testa a tre assi
  • Un trigger elettronico per il comando del flash

6 – La tecnica

Abbiamo quindi tutto.

La nostra reflex digitale, il nostro cavalletto, il flash (meglio se due), la nostra struttura da cui far cadere le gocce e un punto in cui farle cadere, piano o bacinella che sia. E adesso? La prima cosa che dobbiamo fare è mettere a fuoco. Nulla di più semplice.

Prendete una penna a sfera, di quelle a scatto, e smontatela, ottenendone il guscio vuoto.
Appoggiate il guscio sul piano e fate cadere una goccia. Sistemate la posizione del guscio finchè la goccia non centrerà perfettamente il guscio, passandoci dentro.
Ora mettete a fuoco sul guscio sul bordo esterno del guscio e toglietelo. Abbiamo già fatto il grosso del lavoro.

Ora però dobbiamo fare uno scatto di prova.

Dovendo utilizzare il flash come luce principale, lavoreremo in ambiente semi-buio.

Impostate la macchina nel seguente modo:

  • Modalità M
  • Valore di ISO più basso che potete ottenere
  • Diaframma tra f16 e f22
  • Tempi tra 1/160 e 1/200
  • Flash in modalità M con potenza del flash a 1/64 e parabola a 24mm posto a lato della scena
  • Se disponibile, impostate la macchina in Mirror-UP

Spegnete tutte le luci della stanza in cui siete, chiudetevi dentro e tenete accesa solo una luce di servizio, il minimo per vederci (un po’ come in una camera oscura). Caricate il contagocce, premete sul comando a filo per alzare lo specchio e fate cadere la prima goccia.

Dopo una frazione di secondo premete una seconda volta per realizzare lo scatto vero e proprio.

Cosa sarà venuto fuori? Quasi sicuramente nulla.

Avrete ottenuto una bellissima immagine del piano bagnato di acqua o di un bell’effetto onda sul pelo dell’acqua. E’ normale.

Non abbiamo ancora la percezione del tempo che passa dalla caduta della goccia al momento dello scatto. Facciamo un po’ di prove, alleniamoci, e vedrete che dopo un po’ comincerete a capire quando scattare.

Ci possono volere pochi minuti, ma anche una mezzora.

Un consiglio: un’altezza più alta del contagocce permette di avere più tempo tra il rilascio della goccia e lo scatto, ma arrivando a destinazione a velocità più alta si avranno tolleranze più ridotte.

7 – Automatismi

Scattando a mano ci accorgeremo, dopo poco, che la nostra capacità di successo è davvero molto, molto bassa: dopo un’ora e mezzo, mediamente, si saranno realizzati circa 200-250 scatti e solo una decina saranno “buoni”. Anche la persona più paziente di questa terra si sentirà frustrata e tornerà a fare dei bellissimi ritratti alla figlia o alla propria fidanzata o gattino. Inoltre, i soggetti che possono essere ripresi sono solo due: corona e stelo. Scordatevi le collisioni. A mano non si possono ottenere, perché il tempo di creazione di un “cappello” è di mezzo millesimo di secondo. Prenderlo è quasi impossibile.

A meno che non ci si affidi a sistemi elettronici che, se opportunamente programmati, fanno scattare il lampo del flash al momento che decidiamo noi.

A tal proposito esistono in commercio svariati dispositivi atti a questo scopo: il più economico e il più facile da usare è quello proposto da HiViz. Si tratta di un circuitino elettronico che si monta seguendo le istruzioni via web e che è subito utilizzabile. Non bisogna essere dei maghi di elettronica per montarlo, visto che tutte le istruzioni sono corredate da chiarissime immagini. Se non volete comprarvi il kit da HiViz, risparmiando qualche soldino, potete sempre farvi da voi l’elenco dei componenti e comprarvelo in un qualsiasi negozio di componenti elettronici. I miei primi scatti di gocce (Yellow, Jelly, etc) sono tutti realizzati con l’HiViz (nella foto).

Un altro, e forse quello più diffuso tra i “professionisti” del settore, è lo StopShot.

A differenza dell’HiViz, ha un display e ha la possibilità di comandare una elettrovalvola. In questo modo si possono erogare più gocce e, di conseguenza, realizzare le collisioni.

Il vantaggio è che è “plugh & shot”, ma ha un unico piccolo difetto: costa circa 300$. Conosco molti, sul web, che ne osannano le caratteristiche e che sostengono che è il miglior investimento che si possa fare. Non lo metto in dubbio, sempre che se ne voglia fare un uso professionale. Per noi amatori costa decisamente troppo.

Ci sono anche altri prodotti del genere, ma mi sento di consigliare solo questi due, in quanto affidabili e continuamente aggiornati.

L’ultima alternativa è farsi un trigger da soli, ma in questo caso è richiesta una certa dimestichezza in elettronica e in programmazione.

Il mio trigger, autocostruito, è basato su un microcontrollore Arduino Uno, che ho programmato e collegato a una breadboard con alcuni potenziometri (vedi foto qui accanto). Con questi posso decidere quando far scattare il flash, per quanto tempo tenere aperta la valvola da cui usciranno le gocce e il ritardo tra due gocce. Con questo trigger ho realizzato RedHat e Independence Day.

Con l’uso di automatismi la tecnica di scatto varia leggermente: il tempo di esposizione dev’essere allungato ad almeno 1sec, oppure dev’essere usata la posa Bulb.

Questo per dare il tempo alla goccia di cadere e al flash di scattare, che è ciò che impressionerà l’immagine sul sensore.

Dovremmo fare attenzione alla luce di fondo e fare delle prove a flash spento, in modo che non ci siano effetti di luce indesiderati.

I trigger, una volta tarati, permettono rese elevatissime: ogni scatto è un potenziale successo.

8 – Sperimentare, sperimentare, sperimentare

Non fermatevi alla prima corona o al primo stelo. Solo la sperimentazione e la pazienza portano a risultati che vi possono permettere di uscire dalla massa di gocce presente sulla rete. Provate liquidi e colori diversi, provate diverse posizioni del flash, preferibilmente affiancandone un secondo o montando filtri colorati, variate l’angolo di inquadratura della scena, ma soprattutto, come detto all’inizio, abbiate molta pazienza. Non abbiate fretta di ottenere subito scatti magnifici, come per ogni arte i risultati arriveranno con la costanza e lo stupore di chi si è addentrato in un micro-cosmo che nasce e muore in pochi millesimi di secondo.

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