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Ingresso campo di concentramento di Auschwitz |
Il reportage ad alta risoluzione lo trovate a questo link: Auschwitz-Birkenau galleria
Arbeit macht frei “il lavoro rende liberi” è la scritta che campeggia sul cancello di ingresso al campo di concentramento di Auschwitz.
Essendo appassionato di storia ho “visitato” Auschwitz attraverso i libri e i documentari, sapevo già cosa mi aspettava all’interno del campo, ma visitarlo di persona è tutta un’altra cosa, calpestare la terra dove milioni di persone sono morte ti cambia dentro.
Penso che ogni uomo sulla terra almeno una volta nella propria vita debba visitare questo luogo…
Al mio arrivo al campo di concetramento c’erano migliaia di turisti, con così tante persone è stato davvero difficile realizzare foto significative.
Il cancello di ingresso di Auschwitz visto dall’interno.
Non tutti sanno che il campo di concentramento di Auschwitz non è un’unica struttura, wikipedia a tal proposito dice:
Facevano parte del complesso tre campi principali e 45 sottocampi.
Auschwitz
Era il Konzentrationslager (campo di concentramento). È stato reso operativo dal 14 giugno 1940 e centro amministrativo dell’intero complesso. Il numero di prigionieri rinchiusi costantemente in questo campo fluttuò tra le 15.000 e le oltre 20.000 unità. Qui furono uccise, nella camera a gas ricavata nell’obitorio del Crematorio N.1, o morirono a causa delle impossibili condizioni di lavoro, di esecuzioni, per percosse, torture, malattie, fame, criminali esperimenti medici, circa 70.000 persone, per lo più intellettuali polacchi e prigionieri di guerra sovietici. Nei sotterranei del Block 11 di Auschwitz, la prigione del campo, il 3 settembre 1941 venne sperimentato per la prima volta dal vicecomandante del campo Karl Fritzsch, per l’uccisione di 850 prigionieri, il gas Zyklon B, normalmente usato come antiparassitario, poi impiegato su vasta scala per il genocidio ebraico.
Birkenau
Era il Vernichtungslager (campo di sterminio). Era l’immenso lager nel quale persero la vita oltre un milione e centomila persone, in stragrande maggioranza ebrei, russi, polacchi e zingari. Dopo l’arrivo dei prigionieri, questi venivano selezionati e quelli inabili al lavoro venivano condotti alle camere a gas con lo scopo di essere uccisi.
Birkenau era inoltre il più esteso Konzentrationslager dell’intero universo concentrazionario nazista e arrivò a contare fino a oltre 100.000 prigionieri contemporaneamente presenti. Era dotato di quattro grandi Crematori e di «Roghi», fosse ardenti ininterrottamente giorno e notte, usate per l’eccedenza delle vittime che non si riusciva a smaltire nonostante le pur notevoli capacità distruttive delle installazioni di sterminio. Gli internati, reclusi separatamente in diversi settori maschili e femminili, erano utilizzati per il lavoro coatto o vi risiedevano temporaneamente in attesa di trasferimento verso altri campi. Il campo, situato nell’omonimo villaggio di Brzezinka, distava circa tre chilometri dal campo principale e fu operativo dall’8 ottobre 1941.
Monowitz
Era l’Arbeitslager (campo di lavoro). Sorgeva nei pressi del complesso industriale Buna Werke per la produzione di gomma sintetica, proprietà dell’azienda I.G. Farben che però, nonostante l’impegno profuso, non entrò mai in produzione. Il campo, situato a circa 7 chilometri da Auschwitz, fu operativo dal 31 ottobre 1942 e alloggiò fino a 12.000 internati, tra cui Primo Levi ed Elie Wiesel.
Appena entrati nel campo una delle prime cose che salta all’occhio è il filo spinato, si capisce subito che era impossibile fuggire sperando di passarci attraverso poiché era elettrificato, a Birkenau veniva usato da alcuni prigionieri, stremati dalla impossibili condizioni di vita per suicidarsi (nel gergo del campo: «andare al filo»).
Come potete vedere dalle foto in basso il campo è suddiviso in blocchi, all’esterno quasi tutti uguali fra loro.
In uno di questi “Block” erano esposte le foto con relativa data di arrivo e decesso di alcuni dei detenuti del campo.
La foto che vedete in basso è stata scattata col cellulare ed elaborata con
Instagram.
Inoltre sempre dentro i blocchi erano esposti gli effetti personali dei detenuti all’arrivo del campo, è stato molto difficile fare foto in questo blocco poichè le luci erano molto basse e soffuse e i riflessi coi vetri protettivi alle volte erano inevitabili.
Particolare attenzione merita il blocco 11.
Il blocco n. 11, esternamente non dissimile dagli altri blocchi, chiamato dai prigionieri “Il blocco della Morte” era isolato, chiuso sempre a chiave e denominato prigione del campo. Il cortile di questo blocco era circondato da un alto muro. I cesti di legno sulle finestre del blocco vicino, servivano ad impedire che si osservassero le scene che avvenivano sul cortile saturato dal sangue di circa 20000 prigionieri fucilati presso “il Muro della Morte” (che potete vedere nella foto in basso).
Le foto che state per vedere adesso sono realizzate all’interno del Blocco 11.
A differenza degli altri blocchi, qui il guardiano era sempre un uomo delle SS. Oltre ai funzionari dei prigionieri (blocchista, scrivano e capo camerata) venivano alloggiati a pianterreno i prigionieri che attendevano il verdetto del procedimento per direttissima presso la Gestapo a Katowica.
Nei sotterranei del blocco 11 le autorità del campo fecero la prima prova dell’uccisione in massa con gas Zyklon B. La prova avvenne il 3.91941. Vi perdettero la vita 600 prigionieri militari sovietici e circa 250 prigionieri, trasportati dai blocchi dell’ospedale. Poichè il 4 settembre fu constatato che una parte dei prigionieri sopravviveva, gli uomni delle SS aumentarono le dosi di gas. Il 5.9.1941, si cominciò a tirar fuori i cadaveri.
All’interno dei sotterranei
fu vietato ai turisiti di fotografare (inoltre era molto difficile farlo poiché lo spazio era ristretto e c’erano molte persone sia dietro che davanti a me), per questo motivo ho avuto problemi con chi guidava il tour, la motivazione era “qui non si fotografa perché sono morte delle persone”, ma le persone sono morte in tutto il campo mica solo nel blocco 11, inoltre proprio per questo motivo si dovrebbe invogliare la gente a fotografare e diffondere materiale, non il contrario! Comunque sia ho provato a fare qualche foto all’interno, il risultato potete vederlo qui in basso.
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Sotterraneo blocco 11 |
Vi erano tre tipi diversi di celle nel blocco 11:
- Celle ordinarie dove finivano i prigionieri per le indagini (prima foto in basso)
- Celle buie per le punizioni (non sono riuscito a fotografarle, avevano la porta chiusa
- Stehzelle (visibile nella seconda foto in basso), in esse venivano messi i prigionieri puniti o riacciuffati durante la fuga. La cella si divideva in quattro piccoli scompartimenti di centimetri 90×90 ciascuno. I prigionieri vi entravano carponi, da un’apertura presso il pavimento, come cani nel canile. In ogni scompartimento dovevano stare quattro prigionieri, quindi sedici in tutta la cella. L’aria entrava soltanto da un pertugio di centrimetri 5×5. I prigionieri non potevano sedersi , ne tanto meno coricarsi, e soffocavano per mancanza d’aria. I sopravvissuti al mattino erano spinti al lavoro e alla sera rinchiusi nuovamente. Se si trattava di un prigioniero ripreso durante la fuga, allora non riceveva nè da mangiare nè da bere: perciò doveva morire di fame.
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Stehzelle |
Purtroppo come ho già detto fotografare in questo ambiente non è stato facile, mi scuso per la scarsa qualità delle foto.
Ultima tappa del campo di Auschwitz prima di passare a Birkenau è la camera a gas con forno crematorio annesso, i prigionieri venivano uccisi col gas e cremati subito dopo, questa è stata la parte più terrificante del tour.
Sono tre i forni crematori che provvedono a bruciare i cadaveri delle migliaia di innocenti uccisi ogni giorno nelle camere a gas. Dopo essere stati gasati, le SS si preoccupavano di tirare fuori i corpi, di privarli di tutto ciò che poteva loro servire ( oro, denti, capelli…) dopo di che i cadaveri venivano caricati su carri che li trasportavano ai crematori, a volte poteva capitare che qualche mal capitato non fosse morto immediatamente nelle camere a gas ma che avesse semplicemente perduto i sensi in tal caso venivano comunque mandati ai forni dove venivano così bruciati vivi.
Subito dopo aver finito la visita guidata ad Auschwitz veniamo trasferiti al campo di Birkenau, un Lager gigantesco, vi posto una foto aerea realizzata dalla RAF quando il campo era ancora attivo.
Alla vostra sinistra potete vedere del fumo, sono i forni crematori in funzione.
Purtroppo per l’enorme quantità di turisti ho potuto fotografare il famoso gate del campo di Birkenau solo dall’interno, dall’esterno oggi come ieri la visione è questa.
Nella foto in basso il
capolinea dei treni della morte, in lontananza potete vedere il gate di ingresso Birkenau, anche questa foto è stata scattata col cellulare ed elaborata con
Instagram.
Come potete notare oltre a questa “scultura” vi sono dei sassi per terra con la stella di David e dei simboli ebraici, sono una antica tradizione ebraica nata quando, dopo aver seppellito un parente, venivano posti dei sassi a protezione della salma. Vogliono dire “sono stato qui, e mi prendo cura di te”.
Sia dall’esterno che dall’interno il campo da una sensazione di immenso, non se ne intravede la fine, infatti riuscì ad ospitare oltre 100.000 prigionieri contemporaneamente. Era dotato di quattro grandi Crematori e di «Roghi», fosse ardenti ininterrottamente giorno e notte.
Nelle foto in basso le baracche in cui erano rinchiusi i prigionieri.
Latrine del campo.
I tedeschi prima di abbandonare il campo tentarono di distruggere le prove degli orrori che avevano commesso, fortunatamente non ci riuscirono.
“In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi.“
Attraverso queste parole, pronunciate da un soldato delle SS e riportate da Simon Wiesenthal, si può capire fino a che punto arrivasse la perversità del piano di cancellazione che i nazisti volevano mettere in atto: non soltanto intendevano eliminare fisicamente ebrei, omosessuali, zingari e tutti coloro che non rientrassero nei canoni della perfetta “razza ariana”, ma aspiravano a una completa distruzione di ogni prova della loro esistenza e, di conseguenza, della loro cancellazione. Il problema della eliminazione delle prove, poi, divenne particolarmente scomodo ed incombente nel momento in cui i nazisti si videro ormai quasi sconfitti e dovettero fuggire a causa dell’arrivo degli Alleati, americani e russi.
Qui finisce il mio piccolo reportage su Auschwitz realizzato durante una visita guidata.
Vi lascio con una riflessione del mio compagno di viaggio Tommaso Ragonese:
Nowhere outside the walls and the barbed wire of Auschwitz-Birkenau has mankind offered a more compelling display of its true nature.
Perhaps all the toilsomeness of existence derives from the attempt to remain sane and reasonable twenty, forty years longer, to conceal all of our sordidness, atrocity and absurdity, to have our children believe there cannot be another Auschwitz.