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National Archives and Records Administration, Washington, D.C.

Questo articolo fa parte della rubrica: Storia della Fotografia

Vi è una notevole confusione che circonda il concetto di archivio, anche gli archivisti professionisti tendono ad aggravare il problema impiegando la parola in diversi modi. Le parole “archivio” e “archivi” sono utilizzate in molti contesti differenti, soprattutto per quanto riguarda le fotografie.

Un archivio è classicamente definito dagli archivisti come una organizzazione governativa o istituzione, il quale può contenere fotografie. Tuttavia, per estensione il termine comprende altri tipi di raccolte, tra cui documenti aziendali, documenti personali e altri tipi di collezioni.

Una lunga e ricca tradizione governa il modo in cui vengono elaborati tali archivi, catalogati e descritti, conservati e resi disponibili per la ricerca. Gli archivisti sono professionisti responsabili per la cura dei fondi archivistici. La professione è ben sviluppata ed è rappresentata da una serie di organizzazioni negli Stati Uniti e in altri paesi del mondo, come la Society of American Archivists, formata nel 1936. Una formazione d’archivio viene offerta in varie università, spesso in dipartimenti di storia e scuole di biblioteconomia.

Distinzione tra archivio, biblioteca e museo

Le fotografie vengono gestite in tre tipi fondamentali di depositi: biblioteche, musei e archivi. Ogni tipo di organizzazione ha una tradizione e metodologia distinta, anche se all’atto pratico si sovrappongono considerevolmente, con frequenti eccezioni alle regole generali.

Le Biblioteche tendono ad essere orientate agli oggetti: il libro rilegato è l’unità catalogata e monitorata. Per estensione, la fotografia è analoga al libro come unità di ricerca o di studio. Quando possibile, le biblioteche possono contrassegnare ogni fotografia con un codice o numero che serve a individuare la sua posizione corretta.

In una collezione museale, la fotografia è catalogata generalmente in base a criteri estetici e tecnici, tenendo poco in considerazione il contenuto.

In un museo d’arte, invece, l’accento è di solito posto sul fotografo e sulle sue opere, le foto sono quindi classificate in base al nome dell’autore in ordine alfabetico. Eccezioni possono essere fatte per i formati speciali, in particolare oggetti non identificati o non attribuibili a un autore. Per esempio è il caso dei dagherrotipi anonimi, i quali possono essere conservati insieme. Una pratica di museo corretta richiede che ogni fotografia, a prescindere dalla sua posizione debba essere contrassegnata con un numero di catalogo unico per collegarla al suo catalogo individuale, manuale o elettronico, che ne identificherà la provenienza.

Negli archivi e nelle collezioni d’archivio, l’unità di base per l’identificazione, la catalogazione e il monitoraggio è un contenitore, il quale non deve contenere acidi. Il contenitore può essere riempito con decine o addirittura centinaia di fogli di carta, tra cui materiali come la corrispondenza, documenti finanziari o fotografie, ben organizzati in cartelle etichettate.

La tradizione e la teoria presuppongono che i veri archivi e la maggior parte dei fondi archivistici che contengono documenti aziendali e personali, nonché collezioni di documenti e fotografie (di solito raccolti da fonti esterne in modo selettivo) siano trattati a livello di gruppo, sia per ragioni teoriche che pratiche.

Una collezione d’archivio è di solito conservata nel suo ordine originale, se tale ordine era significativo. Il rispetto per l’ordine originale deriva dal fatto che, in raccolte di documenti organicamente formate, l’ordine esistente riflette la storia e le attività dell’organizzazione e la disposizione in sé fornisce informazioni, che potrebbero essere perse se l’ordine fosse alterato o distrutto.

Implicita nella regola di mantenere l’ordine originale all’interno di un particolare gruppo di documenti, indipendentemente dal loro tipo (ad esempio, manoscritti, dattiloscritti, registrazioni sonore, videocassette, fotografie), è che il gruppo non sia mescolato con altri gruppi di documenti, ognuno manterrà la sua identità separata e la sua provenienza.

Queste caratteristiche tipiche degli archivi possono essere apprezzate meglio se rapportate con le pratiche bibliotecari, che tendono a ordinare per sequenze di documenti. Certamente questo è vero nel caso dei libri, di solito organizzati per argomento e in ordine alfabetico secondo uno schema di classificazione senza riguardo per la provenienza. Allo stesso modo, le biblioteche che raccolgono fotografie per motivi di studio spesso le ordinano allo stesso modo in base al soggetto della foto e secondo a un sistema di classificazione pre-ordinato, trascurando la provenienza e il fotografo autore dello scatto.

Al contrario, gli archivi normalmente non usano questo sistema di classificazione delle foto a causa della preoccupazione per il mantenimento dell’ordine originale delle sequenze, la provenienza e l’autore dello scatto.

Almeno dal 1970, molti archivisti si sono specializzati nell’ambito fotografico, la formazione in questo settore è possibile in ambienti universitari e in workshop specifici. La Society of American Archivists ha sponsorizzato corsi sulla gestione di collezioni fotografiche per molti anni, gli archivisti senza una formazione specializzata sono inoltre tenuti ad avere almeno una conoscenza rudimentale di fotografia e delle caratteristiche fisiche dello scatto al fine di preservare le foto e renderle disponibili per scopi di ricerca.

Margery S. Long della Society of American Archivists ha scritto:

Gli archivisti e storici non sempre riconoscono le fotografie come fonti primarie. Negli anni di formazione degli archivi, solo i documenti scritti sono stati considerati come archivio e meritevoli di conservazione.
Materiali pittorici spesso sono stati rimossi dalle collezioni e catalogati come documenti in formato immagine in modo generico; il principio di provenienza è stato raramente loro applicato. Alcuni archivisti hanno catalogato le fotografie come “miscellaneous ephemera” o “memorabilia”.

Alcune fotografie non sono state nemmeno notate o considerate e sono state lasciate nella loro posizione originale, mescolate con manoscritti, documenti e corrispondenza.
Spesso l’unico indizio per l’identificazione di alcune fotografie è stata la loro posizione tra i documenti, che per esempio può essere la vicinanza a una lettera che descrive gli eventi o i nomi delle persone indicate in foto. (Ritzenthaler et al., Archives & Manuscripts: Administration of Photographic Collections, Revised edition 1999.)

Il tentativo di mantenere l’ordine originale è una sfida per gli archivisti, in particolare per le fotografie. Ad esempio, le fotografie possono essere strettamente associate con altri tipi di documenti e possono richiedere un diverso standard di cura e ambiente di storage rispetto alle carte associate.

Le fotografie generalmente non sono catalogate singolarmente perché sono spesso parte di un gruppo, che può essere descritto a livello collettivo in registri ed elenchi.

Molte fotografie fanno parte di grandi gruppi, e sarebbe difficile o impraticabile catalogarle singolarmente. Il crescente interesse per le fotografie storiche a partire dagli anni 1960 e 1970 ha creato una grossa sfida per i metodi di archiviazione. Alcuni archivi hanno adottato una strategia di catalogazione selettiva per le fotografie e altri oggetti ad alta richiesta.

Tale pratica ha reso l’archivio un genere più ibrido di organizzazione, sovrapponendo le tecniche d’archivio a quelle bibliotecarie e museali. Dal momento che le fotografie incarnano spesso molti strati di significato: testimonianza storica, oggetto estetico e artefatto culturale.

Le fotografie e altro materiale visivo richiedono un certo grado di accesso a livello di articolo. Mentre un documento scritto può non essere rimosso fisicamente dalla sua posizione di file, i materiali visivi di tanto in tanto devono essere rimossi dal loro contesto di archiviazione per essere copiati, scansionati o esposti in pubblico. Gruppi di fotografie il cui ordine originale è ritenuto non significativo o del tutto assente possono essere riorganizzate per la comodità degli archivisti. Questa situazione si verifica spesso quando i proprietari o i creatori delle fotografie originali non sono riusciti a riconoscere relazioni significative tra loro o semplicemente non hanno messo a punto un sistema di archiviazione utile.

Gli archivisti trattano anche con materiali che non sono archivi, nel senso che non rappresentano un’organizzazione di catalogazione organica. Tali aggregazioni, sono spesso chiamate “manuscript collections”, molte di queste collezioni sono acquisite da organizzazioni archivistiche la cui missione è quello di raccogliere materiale di ricerca rilevante secondo le linee guida indicate da una varietà di collezionisti e fonti. Alcuni archivi sono organizzazioni ibride, che soddisfano diverse missioni. Gli archivi dell’Art Institute of Chicago, conservano i documenti aziendali dell’Art Institute, raccolgono anche le carte degli artisti, tra cui spesso fotografie, così come materiali di ricerca vari provenienti da una varietà di fonti.

Le strutture organizzative dell’archivio variano ampiamente. Alcuni archivi si trovano in biblioteche, e spesso includono manoscritti e file fotografici, queste collezioni sono gestite in conformità con le tradizioni d’archivio.

Interno del National Archives

Gli Archivi variano in dimensioni e portata. Il The National Archives and Records Administration of the United States conserva i documenti generati dalle molte agenzie ufficiali del governo degli Stati Uniti. La The Still Picture unità della Special Media Archives Services Division che si trova a College Park, Maryland, contiene milioni di fotografie, che vengono messe a disposizione dei ricercatori.

The National Archives è l’organizzazione di archiviazione per eccellenza, che aiuta a stabilire gli standard di archiviazione per l’intera professione. La Library of Congress, è un ente governativo indipendente, non è semplicemente una libreria gigantesca, ma è un’organizzazione ibrida che comprende le collezioni di documenti che vengono gestite secondo i principi d’archivio.

Le biblioteche adottano il formato Machine Readable Cataloguing (MARC) per i database di catalogazione è impiegato a livello internazionale per la catalogazione dei libri, ed è stato adattato per la descrizione dei materiali d’archivio, come raccolte fotografiche. I musei tendono ad evitare il formato MARC per il suo essere più adatto alle biblioteche.

L’essenza del museo e dei fondi archivistici è la loro enfasi su materiali originali e unici. Le librerie convenzionali raccolgono anche documenti prodotti in serie, piuttosto che pezzi unici o originali, anche se la maggior parte delle librerie contengono anche alcuni oggetti rari ed esistono alcune librerie specializzati in rarità.

I fotografi e gli archivi

Il lavoro della vita di un fotografo, che contiene una varietà di documenti, come i negativi originali, lucidi, stampe e documenti professionali e personali, è spesso considerato come un archivio. Alcune organizzazioni, in particolare il Center for Creative Photography (CCP) presso l’Università dell’Arizona, Tucson, acquisiscono attivamente gli archivi di fotografi selezionati, la maggior parte attraverso donazioni.

Ingresso del Center for Creative Photography

Harold Jones, fotografo, curatore, ed educatore è stato il direttore ed il fondatore del CCP (1975-1977). Il CCP possiede più archivi e singole opere di fotografi del Nord America del XX secolo rispetto a qualsiasi altro museo della nazione.

Tra i fotografi presenti nel CCP spiccano i nomi di: Ansel Adams, Richard Avedon, Lola Alvarez Bravo, Louise Dahl-Wolfe, Robert Heinecken, W. Eugene Smith ed Edward Weston.

Anche le università, biblioteche, società storiche a livello comunale, regionale e statale raccolgono gli archivi dei fotografi se rispondenti a determinati criteri. Per esempio gli archivi del fotografo documentarista David Plowden, che è stato studente a Yale, è ora nella collezione della Yale University.

Poiché l’archivio di un fotografo può richiedere un pesante investimento di spazio, budget e il coinvolgimento di personale specializzato, le organizzazioni storiche senza scopo di lucro devono essere altamente selettive e sono comprensibilmente prudenti quando si tratta di grandi acquisizioni.

I musei d’arte, normalmente si occupano dell’acquisizione e la gestione di singole opere d’arte, di solito non sono in grado di ospitare interi archivi dei fotografi. Alcuni musei realizzano collezioni intorno a un importante archivio, come ad esempio l’August Sander Archive a Colonia, il quale organizza esposizioni anche di altri fotografi.

Alla fine del XX secolo, tuttavia, gli archivi fotografici hanno costituito un problema incombente, molti fotografi o i loro eredi hanno donato migliaia di negativi, stampe e documenti, anche a titolo di regalo e le grandi aggregazioni hanno dovuto richiedere l’aiuto istituzionale.

Un soluzione è stata quella di creare fondazioni indipendenti (spesso agevolate da benefici fiscali) per ospitare l’archivio; un modello è la Foundation Henri Cartier-Bresson, inaugurato nel 2003. Un altro è il Lee Miller Archive in East Sussex, Inghilterra.

Un’altra strategia è quella di individuare un genere o un argomento specifico che può creare un ampio interesse da parte dei donatori, un esempio è il Women in Photography International Archive, che accumula i file biografici, libri e articoli su fotografe del passato e del presente.

Gli archivi sono sempre più visti come una fonte di profitto. Il venerabile Bettmann Archive, ha adottato il modello di un archivio stock photo commerciale, è stato acquisito alla fine del secolo da Corbis, società fondata da Bill Gates per acquisire immagini per la digitalizzazione e la distribuzione via Internet. Hulton Archive, Londra, è un altro grande archivio fotografico internazionale. Vanta nel suo inventario più di un milione di foto di moda, di celebrità, still-life e fotografie di viaggio. Anche agenzie fotografiche tradizionali come Black Star o Magnum Photos svolgono la funzione di archivi.

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