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Si è conclusa un’altra estate e mi sono concessa un po’ di riposo, mai lontana dalla mia macchina fotografica. Tornata a Roma avevo voglia di scrivere un nuovo articolo e far conoscere una nuova realtà della mia splendida città, così un pomeriggio sotto il sole di settembre ho esplorato il quartiere di Tor Marancia, ormai noto per la sua street art che attrae fotografi e gruppi turistici. In questo articolo voglio raccontarvi una realtà sconosciuta ai più ma anche una nuova meta fotografica per chi, come me, è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da immortalare.

Tor Marancia nasce come borgata di Roma negli anni ’20 quando Mussolini decise di realizzare Via della Conciliazione, radendo al suolo un ingente numero di abitazioni. I proprietari si insediarono così nel nuovo quartiere periferico che presto diventò un vero e proprio ghetto fatiscente, le abitazione all’epoca chiamate “Case Rapide” crebbero in pochissimo tempo ed assomigliavano a palafitte, composte da una sola stanza con pavimenti in terra battuta e servizi igienici in comune. I cittadini dovettero più volte affrontare l’esondazione nel periodo autunnale di un lago non molto lontano dalle abitazioni, tanto che negli anni il quartiere viene soprannominato Shangai. L’assetto di Tor Marancia cambierà solo nel 1948, quando iniziano le costruzioni dei nuovi edifici e delle case popolari.

Nel 2015 Tor Marancia si rinnova grazie ai progetti di Big City Life e 999Century che danno alla luce il primo museo condominiale del mondo. Le opere sono realizzate da 22 artisti internazionali e tutte traggono spunto dalla storia del quartiere, dagli abitanti e dalle loro vite. Il primo disegno realizzato nel maggio 2014 è intitolato Seth e Il Bambino Redentore, ben visibile dalla strada principale raffigura un bambino di spalle che si sporge verso l’interno del quartiere, come se invitasse i passanti a scoprire le opere che Tor Marancia custodisce.

Il Museo Condominiale di Tor Marancia è l’ennesimo esempio di come l’arte contemporanea possa risollevare il destino di quartieri popolari dimenticati, basti pensare all’azione poetica dei “Poeti der Trullo” già affrontata in un precedente articolo.

Ad oggi tra gli edifici si incontrano fotografi, turisti, troupe televisive visitatori ma anche gli stessi abitanti che, nonostante la notorietà del luogo, non hanno rinunciato alla loro quotidianità, infatti si ritrovano spesso sulle loro sedie all’ombra di un albero o alle finestre per fare quattro chiacchiere con i passanti, dando prova di una vecchia generazione che ne ha accolta una nuova.

Federica Girardi

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